La democrazia è un concetto che, per la società occidentale, risulta quasi superfluo.
Ma in Stati come la Birmania non è così. Da giorni migliaia di persone lottano e perdono la vita per combattere il regime militare che da 45 anni soggioga il loro Paese.
Ma chi lotta non è un esercito di liberazione, ma sono monaci, monaci buddisti che, guidati dallo spirito della lotta pacifica, della lotta non violenta hanno spinto la popolazione a vincere la paura del regime e dell’oppressione per far sentire che loro c’erano.
L’esercito ha reagito violentemente. Come già nelle manifestazioni del 1988, la repressione si è abbattuta violenta sui manifestanti.
Il regime ha interrotto le comunicazioni telefoniche internazionali e l’accesso a internet. Le uniche fonti di informazione sono le voci che circolano per le strade che parlano di centinaia di persone tra morti, torturati e arrestati.
I giovani monaci, che hanno guidato le prime manifestazioni, non si vedono più per le strade di Rangoon, zona nevralgica delle lotte. I monaci non possono muoversi in gruppi numerosi perché assemblaggi di oltre 5 persone sono vietati dalla legge marziale.
Testimonianze giunte a cittadini occidentali, riportate su “La Repubblica”del 1°ottobre, parlano di violenti rastrellamenti nei monasteri e di sostanze chimiche sparate da fucili ad acqua dall’esercito.
Il mediatore ONU, Ibrahim Gambari ha ottenuto però il permesso di incontrare Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione democratica, Premio Nobel e che da 17 anni vive reclusa a causa delle sue idee.
Il presidio svoltosi a Genova, in P.zza De Ferrari, il 28 Settembre, ha visto radunarsi persone di ogni età e di ogni estrazione politica, per dimostrare solidarietà ad un popolo che sta soffrendo ma che nonostante ciò continua a lottare, pacificamente, e per dimostrare che la democrazia non è qualcosa di ovvio.
Se anche tu vuoi lasciare un contributo di solidarietà per questi “soldati pacifici della democrazia”, puoi scrivere anche solo un piccolo commento e sarà la testimonianza che c’è ancora chi crede in una giustizia per tutti e nell’importanza della democrazia.