mercoledì 18 luglio 2007

E’ possibile rafforzare il ponte tra Politica e Cittadini?

In questa parte vorrei proseguire la riflessione sui rapporti Politica-Cittadini, allo scopo di scrutare meglio i luoghi, in cui si potrebbero sviluppare detti rapporti. Affrontare il tema dei luoghi del dialogo politico, trovo che sia un argomento affascinante, avvincente, perché interessa e coinvolge i molteplici aspetti della vita sociale e meriterebbe di essere approfondito con attenzione. Uno di questi luoghi è la Rete, cioè Internet. Internet, la metafora del villaggio globale, la piazza moderna o agorà, luogo degli scambi culturali, sociali ed economici, territorio delle infinte discussioni e dei confronti accesi e pacati ma, anche, spazio della memoria e laboratorio pulsante delle idee. Queste sono solamente alcune delle possibili definizioni che si possono dare agli strumenti della dimensione virtuale, in cui l’homo politicus si misura. E il blog, contrazione di web log (traccia su Rete), è uno di questi strumenti.

E, allora, è lecito chiedersi “Se una discussione politica seria e produttiva abbia senso e possa svilupparsi all’interno di un luogo virtuale come questo blog?”. La risposta per me è in senso affermativo, perché il blog, in quanto “Big Conversation”, grande conversazione sul mondo, è un ambiente di comunicazione dove, a tutti i livelli di maturità politica, i cittadini (noi tutti) possono discutere e confrontarsi sui temi, che reputano importanti, associandosi in gruppi di interesse. E, quindi, la Rete (o il nostro blog, se preferite) diventa un luogo in cui la politica può voltare pagina e mostrare il suo volto più autentico e democratico - sul punto vorrei aprire la discussione a chi lo desidera, per dare vita ad un confronto aperto su idee e opinioni, anche, divergenti.

Vorrei riflettere, anche, su questo. Esprimere le proprie idee e convinzioni, mutare prospettiva a seguito di attenta riflessione, sono tutte esperienze molto belle, direi che sono aspetti della vita, stimolanti e utili, perché accrescono il nostro senso civico. Un conto, però, è scrivere il diario sapendo che nessuno leggerà il suo contenuto e, quindi, tenere segrete e solamente per noi le riflessioni; altro è scegliere di scrivere per sé e per gli altri, sapendo e volendo condividere con il resto del mondo, si fa per dire, idee, pensieri, desideri, aspettative, preoccupazioni e altre emozioni (gioia, rabbia, ecc.).

A seconda dello stato d’animo, è del tutto evidente, che il desiderio comunicativo muti nell’uno o nell’altro modo. Per me oggi - trovarmi all’interno di un luogo virtuale come questo, riservato ad un numero determinato di persone, rispetto ad un luogo aperto all’esterno, cioè un all’interno di una rete (netwok) di blog - mi porta alla domanda di prima, cioè “Se una discussione politica seria e produttiva abbia senso e possa svilupparsi all’interno di un luogo virtuale come questo blog?”. La risposta è di segno negativo, nel senso che preferirei comunicare all’interno di un network di blog e non per avere una visibilità personale maggiore, orientata a gratificare il mio ego, non è questa la molla: il motivo è un altro.

Per come la vedo io, il blog rappresenta un luogo tematico, una sorta di palestra di opinioni, in cui poter affrontare vari argomenti (tra cui quelli della politica), uno spazio in cui sviluppare il dibattito fra le diverse categorie sociali e professionali. Il blogger - la persona fisica che scrive e gestisce un blog (rimanendo sempre alla dimensione della politica, ma il discorso è traslabile ad altri settori) - secondo me, interagendo con altri blogger (e, quindi, ponendosi all’interno di una rete), contribuisce a rafforzare il legame Politica-Cittadini. In definitiva, il compito del blogger non è solamente quello di muovere piccoli o grandi climi di opinione all’interno di quella certa comunità virtuale, io penso, che egli abbia un’occasione che è quella di favorire lo sviluppo di quel ponte comunicativo fra Politica e Cittadini.

5 commenti:

Simone ha detto...

Condivido quanto riportato in questo post e la mia risposta alla domanda, indicata come titolo,è: penso di si.
Non voglio dilungarmi, anche perchè in questo momento non ho molto tempo, ma, anche riferendomi alla prima riflessione di "madagascar", seppur difficile (soprattutto in questo periodo), sono convinto che i cittadini non siano per "antipolitica".
Al massimo sono stufi di alcuni politici che usano la cosa pubblica come fosse "roba" loro, dimenticando che loro gestiscono, invece, "roba" di tuti noi.
Per fortuna non sono tutti così i politici, ed io, anche, ma non solo, per questo, sono convinto che il ponte tra politica e cittadini possa esserci.
E magari, quando è un pò traballante, può essere utile rafforzarlo con altri mezzi, ad esempio un blog, e magari sviluppandolo come indicato.
La gente ha voglia di farsi sentire, e penso sia giusto fornire gli strumenti per permettere questo.
Ora devo proprio scappare.
Ciao!

Luca ha detto...

Queste domande meriterebbero ore ed ore di riflessioni sia on che offline. Dato però che le riflessioni sono sempre più spesso indicate come "indecisioni", è bene pronunciarsi in modo netto: Si, questo blog ha senso di esistere come ponte tra politica e cittadini ma...
Ebbene si, c'è un ma, ed è da accentrare sul fatto che il blog può essere un utile strumento nel momento in cui non è autoreferenziale.

Sono appena entrato nel comitato e mi pare di avere capito che uno degli obbiettivi sia la massima diffusione di quanto viene scritto e argomentato. Bene! Imponiamoci di seguire questa linea e di "aprirci" al mondo intero e a quanti vogliano leggere. Che tutti, indipendentemente dal ceto sociale, locazione geografica, credo politico, possano esprimersi liberamente. Il punto di forza di internet è la sua democrazia, la diffusione delle informazioni, l'accesso libero. La debolezza della politica è invece la chiusura in se stessa, la poca trasparenza, l'essere fortemente autoreferenziale fino al grado di apparire come "casta". A vederli così, questi due "agorà" sembrano cose totalmente opposte. Ed infatti è proprio su questo che bisogna agire, usando tutti i mezzi che la rete offre per dialogare veramente con i cittadini. Ricordiamocelo!
Ciao a tutti

Anonimo ha detto...

Scusate se uso un "commento"al posto di un "post"..ma devo ancora farmi spiegare come scriverli..

Comunque volevo condividere un pensiero con voi..su un recente fatto.

Non pensate che la trovata della Vincenzi e del comune di far sgomberare le zone occupate abusivamente di Begato e Sampierdarena da romeni e di aver affermato che romeni a Genova non se ne faranno entrare piu...non possa creare una sorta di xenofobia generale dalle conseguenze disastrose??! Questo è la mia modesta e istintiva opinione!

Elisabetta

madagascar ha detto...

Per Simone e Luca. Il ponte politica-cittadini è la metafora del dialogo continuo fra amministratori e amministrati. Un dialogo che non dovrebbe mai mancare o interrompersi. Questa metafora ci offre, dunque, un interessante spunto di riflessione. Sovente, chi vota pensa che dando il proprio consenso al tal politico abbia esaurito il compito e il politico, a sua volta, pensa che ricevuto il voto non debba rendere conto del proprio operato. Invece, non è così: politica e cittadini sono un binomio: l'uno non può esistere senza l'altro e viceversa. Inoltre, confermo la mia convinzione di apertura di questo blog al resto del mondo, diversamente, anche secondo me, il rischio è l’autoreferenzialità.


Ciao Elisabetta, anche io sono una principiante in fatto di blog. Non preoccupiamoci troppo, supereremo questa iniziale incertezza.

Hai scritto un concetto interessate (la xenofobia), un argomento sul quale vorrei soffermarmi. Non mi soffermo, invece, sulla singola decisione riguardo all’allontanamento dei romeni, perché non conosco direttamente la vicenda, a parte quello che hanno scritto i giornali.

La xenofobia verso lo straniero non è una questione da poco e non ho certo la pretesa di affrontare l’argomento in modo approfondito, tuttavia, penso che la Vincenzi abbia ponderato, insieme alla Giunta comunale, la decisione deliberata.

Genova, avendo un porto affacciato sul Mediterraneo, dovrebbe essere abituata al confronto con etnie diverse. Inoltre, Genova è notoriamente una città di mercanti già a partire dal Quattrocento, numerose sono state le colonie genovesi (a Carloforte a sud della Sardegna, a Pera in Turchia, ecc.).

In definitiva, anche se la città è abituata agli scambi commerciali, ai flussi migratori (es. le comunità magrebine, ecuadoriane e cinesi), i suoi abitanti non lo sono. Molti genovesi sono restii ad accettare gli stranieri, pensano allo straniero solo in chiave distruttiva e niente altro: gli stranieri non contribuiscono solamente al degrado della città e ad alimentare la microcriminalità; gli stranieri sono persone, con la loro cultura e con un problema in più: la nostalgia della propria terra di origine, la lacerazione del distacco forzato dalla propria famiglia. Certo, lo straniero è anche il ladruncolo che si arrampica come un ragno sulle facciate dei palazzi e si intrufola furtivo nelle case dei genovesi per rubare.

Per non divagare troppo, penso che dovremmo tenere sott’occhio lo svolgimento della politica sociale della Vincenzi e, magari, fra un anno riparlarne. Penso che non si debbano mai giudicare le singole decisioni politiche, perché se manca una visione di insieme è difficile capire da cosa nasce quella singola decisione e si rischia di farsi un’idea sbagliata.

Roberta ha detto...

Inizierò il mio commento con un frase di Walter Veltroni: ”La legalità non è di destra o di sinistra. La legalità non ha, e non deve avere, colore politico. E' un diritto fondamentale dei cittadini, e chiunque è al governo di una comunità sa che assicurarne il rispetto è un suo compito, un suo dovere.”
Credo sia proprio questo il fulcro della questione. Nello specifico si fa riferimento all’immigrazione dei romeni che, a seguito dell’ingresso di Bucarest nell’Unione Europea, a partire dal gennaio 2007, ha aumentato la loro presenza (regolare e irregolare) da 800 mila a un milione (fonte: Espresso). Inutile ricordare che, come noi italiani sappiamo bene essendoci già passati, il motivo che spinge queste persone ad allontanarsi dal loro paese d’origine riguarda le loro condizioni di vita. Occorre anche notare che in Italia tutti gli immigrati, compresi i romeni, forniscono un contributo alla crescita economica svolgendo mansioni che gli italiani non vogliono più fare. Fatte queste doverose premesse bisogna anche mettere in evidenza che i romeni risultano ai primi posti in 7 su 15 reati denunciati e commessi da stranieri nel periodo 2004-2006 (fonte: Espresso); la cosa che maggiormente allarma è che molti di questi delitti sono stati commessi da persone regolarmente presenti sul nostro territorio.
La situazione di Begato e di Sampierdarena non la conosco nello specifico anche se nel Ponente genovese ci sono state situazioni analoghe: nelle zone dove queste persone si stabiliscono si creano delle situazioni esplosive, non sono tollerati e tutto ciò genera proteste e richieste di sgombero.
Credo che la prima risposta in tema di immigrazione, anche se può sembrare una risposta troppo distante dai bisogni contingenti dei cittadini, sia quella di combattere la povertà nei paesi d’origine e poi, per “zoommare” un po’ e riportarci in una realtà più vicina credo che occorra governare i flussi di entrata e gli strumenti di integrazione.
A questo proposito a Roma come a Milano sono state concesse delle aree attrezzate dove ci sono roulotte numerate e in cambio gli immigrati si devono iscrivere all’anagrafe, pagare le bollette e mandare i figli a scuola. Naturalmente a tutto ciò occorre accostare la severità quindi per chi non rispetta questi doveri occorre assoluta fermezza ed è proprio per questo motivo che ritengo sia necessario intensificare i controlli, aumentare la presenza delle forze dell’ordine nelle strade, nei quartieri e chi non rispetta tali regole deve essere allontanato. Occorre quindi riaffermare quel senso di legalità, di fermezza, di rispetto delle regole che è poi un rispetto di se stessi e degli altri.